sabato 10 settembre 2016

VENEZIA 73, Giorno 9 (08 Settembre)

PARADISE, di Andrei Konchalovsky (Concorso)



Alla veneranda età di 79 anni, l'autore russo Andrei Konchalovsky firma una delle opere più solide e disturbanti di questa Mostra. Paradise è infatti un ritratto profondo e stilisticamente ineccepibile della Germania nazista colta dal suo nascere sino alla sua discesa agli inferi.

Adottando il punto di vista di tre personaggi agli antipodi per sesso, cultura e provenienza geografica, il film si propone di immergere lo spettatore all'interno di un contesto storico e politico notevolmente già trattato in (troppi?) film e romanzi. L'abilità dell'autore però è quella di provare a seguire le gesta dei giovani tedeschi convinti della loro ideologia (e militanti per dare vita al paradiso del titolo) senza mai scadere nelle numerose trappole che una simile sfida presentava.

Non c'è retorica in Paradise, ma soprattutto non c'è accanimento. Si respira molto rispetto per la materia trattata, senza tuttavia rinunciare a un giudizio. Lo stesso giudizio che, nello splendido finale, si fa assoluto e definitivo. 

Nota di merito, alla cornice narrativa pensata per inscenare il tutto (decisamente giovane, fresca e attuale) e alle magistrali prove attoriali dei 3 personaggi principali.

#religioso

venerdì 9 settembre 2016

VENEZIA 73, Giorno 8 (07 Settembre)

JACKIE, di Pablo Larrain (Concorso)


Pablo Larrain è un regista coraggioso e competente. Ha già abbondantemente dimostrato il suo talento nei titoli di poco precedenti a questo (Il Club e Neruda) ma Jackie ne è un'ulteriore conferma. Al suo esordio su suolo americano infatti, l'autore cileno non si risparmia, confezionando un'opera al femminile che racconti i giorni immediatamente successivi all'assassinio di Kennedy per cercare di interpretare in maniera lucidissima e precisa il disorientamento odierno legato all'informazione, alla verità e alle menzogne pubbliche.

La Jackie del titolo (interpretata da una magistrale Natalie Portman) è un personaggio complesso e stratificato: moglie, vedova, first lady, madre. Larrain la dipinge con il giusto tatto e l'adeguata delicatezza, lasciando trapelare tutte le emozioni del caso senza però mai fare leva su facili sentimenti per accattivarsi il pubblico. Come ci si deve comportare di fronte a una simile tragedia? Come si deve comportare chi ricopre un ruolo pubblico? E quali responsabilità sono insite in chi, di professione, dovrebbe riportare e informare sui fatti?

Anche se leggermente meno folgorante dei lavori precedenti (giustamente il regista si addentra in una materia così scottante in punta di piedi, anche perchè la sfida per conquistare Hollywood fa gola a tutti ma bisogna saper gestire al meglio le proprie forze e saper dosare i colpi), il film è un tassello solido e riuscito all'interno di una carriera ormai lanciata e finalmente riconosciuta dai più.

Sentiremo presto un gran parlare di questo autore (prossimi Oscar?), sperando che possa continuare su questa via. Sia per lui che, egoisticamente, per noi.

#complimenti


mercoledì 7 settembre 2016

VENEZIA 73. Giorno 7 (06 Settembre)

DARK NIGHT, di Tim Sutton (Orizzonti - Fuori Concorso)



Prendendo spunto dalla tragica sparatoria avvenuta a Denver durante la premier de Il cavaliere Oscuro - Il ritorno, Tim Sutton confeziona un film maturo e angosciante che prova a riflettere sulla società contemporanea statunitense e cerca di dare un'interpretazione (badate bene, non una spiegazione) delle cause di una piaga tanto crudele quanto contemporanea come quella legata alle "facili armi" americane.

L'universo descritto dal film è abitato da giovani completamente alienati e disorientati dalla realtà che li circonda. Ragazzi e ragazze prive di qualsiasi stimolo e che conducono le loro vacue esistenze senza riuscire nemmeno più a trovare una sorta di distrazione sul web (dove le "città fantasma" mostrate dalla street views di Google Maps sono il riflesso perfetto di una crisi collettiva prima ancora che individuale). Tutto è fermo nelle loro vite, così come sono immobili le nuvole (più volte riprese dal regista) che sporcano il cielo dietro i numerosi lampioni di una qualsiasi città del nuovo continente.

Poco alla volta, costantemente, il film cresce in un climax di tensione pronto a esplodere da un momento all'altro. La paura di un attacco improvviso, inaspettato, imprevedibile e soprattutto covato dall'interno invece che dall'esterno, è alla base del film così come alla base delle terribile e frequenti tragedie che invadono i telegiornali negli ultimi anni.

Senza fare rumore, Sutton lascia il segno e scuote gli animi, anche grazie a un finale metacinematografico di rara intensità.

 #potente



VENEZIA 73, Giorno 6 (05 Settembre)

ONE MORE TIME WITH FEELING, di Andrew Dominik (Fuori Concorso)



Un documentario sulla realizzazione dell'ultimo album firmato da Nick Cave e dai suoi fidati Bad Seeds? No. O meglio, non solo. One More Time With Feeling è un film complesso e stratificato che utilizza le registrazioni del cantautore australiano solamente come preteste per parlare di qualcosa di molto più profondo e toccante: il superamento di un lutto.

E' infatti cronaca la tragica scomparsa del figlio quindicenne del musicista avvenuta la scorsa Estate sul ciglio di una scogliera. Cave, ovviamente, ha trascorso momenti davvero sconfortanti prima di decidere di intraprendere la stesura di un lavoro in cui provare ad esorcizzare il tutto aggrappandosi alla sua amata musica.

Eppure in questo caso l'essere umano (prima ancora che il musicista) ha sentito l'esigenza di un ulteriore ausilio. Questa la ragione che lo ha spinto a chiamare vicino a lui Andrew Dominik (regista del film) per riprendere le fasi di lavoro: Cave voleva fare ordine nella sua vita, nei suoi pensieri e il cinema gli è sembrata l'arma migliore per vincere la sfida.

In breve, quindi, One More Time With Feeling si trasformato in un'elegia funebre, un'opera ipnotica e snervante, dominata da tonalità cupissime seppure sempre accompagnate da un filo di luce speranzosa. La musica, il cinema, la band, la crew di ripresa, il pianoforte, le luci, le ombre, i testi, i suoni. Tutto crea una suggestione mortifera e disarmante, mai gratuita, mai eccessiva. Dominik padroneggia con maestria l'uso del 3D come non si vedeva da tempo sul grande schermo e regala al suo amico musicista e a noi spettatori, qualcosa di sensazionale.

Ad oggi, il miglior visto a Venezia.

#poetico

VENEZIA 73, Giorno 5 (04 Settembre)

EL CIUDADANO ILUSTRE, di Mariano Cohn e Gastòn Duprat (Concorso)



Passato un po' in sordina all'interno di un Concorso affollato da grandi nomi e titoli molto attesi, sin dalla prima proiezione stampa della mattinata El Ciudadano Ilustre ha iniziato a raccogliere consensi che poco alla volta sono accresciuti costantemente.

La storia è semplice e lineare (uno scritto premio Nobel torna nella città natale, dopo circa 40 anni di assenza, dove dovrà fare i conti con il passato) ma l'intelligenza cinematografica dei due registi riesce a donare al progetto una marcia in più. Cohn e Duprat infatti sono abili nell'alternare momenti decisamente ironici a sequenze più drammatiche, senza mai eccedere nè nella facile comicità da un lato, nè nella retorica dall'altro.

La chiusura metanarrativa inoltre regala una sorta di colpo di scena non del tutto imprevedibile ma comunque riuscito e stimolante, capace di porre lo spettatore di fronte a interrogativi inerenti alla funzione dell'arte e al rapporto tra "creato" e creatore.

Ottima la prestazione attoriale di Oscar Martinez che si candida in prima linea per vincere la Coppa Volpi che gli compete.

#sorpresa

lunedì 5 settembre 2016

VENEZIA 73, Giorno 4 (03 Settembre)

THE YOUNG POPE (episodi 1 e 2), di Paolo Sorrentino (Fuori Concorso)



Mettiamo subito le cose in chiaro, giudicare una serie televisiva di 10 episodi dopo averne visti solamente due, non è molto sensato o utile. Eppure, qui alla Mostra di Venezia il pubblico ha potuto assistere solamente a questo piccolo assaggio di The Young Pope, ergo rimane un esercizio piuttosto stimolante tirare delle (provvisorie) conclusioni per cercare di intuire come il progetto potrebbe evolvere e svilupparsi nella sua totalità.

Paolo Sorrentino, da sempre, è un personaggio cinematografico al quale non interessa scendere a compromessi con il pubblico. O lo ami o lo odi? Non esattamente. Diciamo piuttosto che a lui non interessa farsi amare e che ogni suo lavoro tiene conto solamente del proprio personalissimo gusto e sguardo artistico. Anche in questa operazione televisiva, di televisivo il regista non inserisce nulla (se non la durata e, va da sè, la suddivisione in episodi). L'incipit ne è la prova evidente e allo stesso tempo avvertimento per tutti gli spettatori: "non aspettatevi di vedere nulla che non porti la mia firma".

Eppure, in questo caso, qualche coordinata in più (oppure, se preferite, qualche ristrettezza in più) l'autore ha dovuto rispettarla. The Young Pope infatti si avvale di meno sequenze "sorrentiniane" e di una narrazione di fondo piuttosto evidente (elementi che si presentano spesso all'opposto nei lavori pensati per il grande schermo), rendendo quindi il tutto potenzialmente appetibile anche a chi solitamente non digerisce lo stile barocco e poco pragmatico dal punto di vista drammaturgico.
Inoltre, i tempi lunghi della televisione hanno permesso a Sorrentino di dedicare molta attenzione ai personaggi di contorno, figure buffissime e straordinarie che da sempre caratterizzano il suo operato venendo però spesso accantonate con fretta e superficialità. 

Detto questo, The Young Pope (per il momento) risulta un affresco potente e riuscito, accattivante, provocatorio, contrastante e contraddittorio. Si parla di Fede, di potere, di umanità, di redenzione e di peccato. Ma lo si fa sempre in punta di piedi, senza perdere il senso della misura, con rispetto di tutto e di tutti. E si rimane incantati dalle immagini e dal talento visivo del regista. 

Le premesse, quindi, sono ottime. Ora non ci resta che aspettare.

#fiducia

P.S. Ah, Jude Law qui è alle prese con l'interpretazione migliore della sua carriera.

VENEZIA 73, Giorno 3 (02 Settembre)

NOCTURNAL ANIMALS, di Tom Ford (Concorso)



A sette anni di distanza dal suo esordio cinematografico A Single Man, lo stilista Tom Ford torna dietro la macchina da presa per avventurarsi in una sfida tanto interessante quanto rischiosa. 

Nocturnal Animals è infatti un film molto complesso, stratificato e ambizioso. In maniera del tutto sorprendente però, l'autore riesce a confezionare un'opera memorabile e soprattutto matura sotto molti punti di vista. Provando ad aggionare il genere noir, Ford incolla lo spettatore allo schermo senza calare i toni del racconto. La sapienza cinematografica espressa dalla sua regia tocca livelli da capogiro, riuscendo a creare suspance e tensione con pochissimi elementi e basandosi soprattutto sulle performance degli attori (tutti indovinati e calati nella parte).

Un film emozionante, quindi, e coraggioso nell'arrischiarsi in una storia parallela di vendetta (sentimentale da un lato, corporale dall'altro) capace di riflettere in maniera efficace anche sull'apparente doppia faccia dell'America (i grattacieli delle metropoli contro gli spazi sterminati del deserto): una nazione profondamente eterogenea ma che sembra abitata da uomini soli e confusi, da "animali notturni" disperati e disillusi, in continua ricerca di un aiuto che (forse) non arriverà mai.

#notevole

giovedì 1 settembre 2016

VENEZIA 73, Giorno 2 (01 Settembre)

ARRIVAL, di Denis Villenueve (Concorso)


Impegnato sul set di Blade Runner 2 (e per questo assente alla cerimonia di presentazione del suo ultimo film), il regista canadese Denis Villenueve si è "esercitato" nel genere fantascientifico con questa opera prima di imbarcarsi nella rischiosa avventura del remake di uno dei titoli portanti del genere. 

Arrival prende le mosse da una trama semplice e lineare (gli alieni arrivano sulla Terra senza palesarsi esplicitamente e gli umani vogliono cercare una via di comunicazione per capire le loro intenzioni) per cercare di stupire il pubblico con una regia indovinata e precisa. Villeneuve ha già abbondantemente dimostrato di saperci fare e ancora una volta si riconferma, soprattutto in una prima parte solida e ritmata capace di regalare sequenze notevoli giocate su pochi elementi.

Il problema del film però ricade tutto in una sceneggiatura poco incalzante nella parte centrale e decisamente elementare sul finale. Strizzando l'occhio alle opere firmate da Christopher Nolan (il montaggio parallelo, le diverse dimensioni temporali, il rapporto tra genitori e figli), Arrival si incarta e non riesce più a rimettersi in carreggiata volgendo verso una soluzione sbrigativa e approssimata che poco gli si addice. 

#peccato

P.S. da notare la magistrale colonna sonora composta dal fidato Jóhann Jóhannsson

VENEZIA 73, Giorno 1 (Mercoledi 31 Agosto)

LA LA LAND, di Damien Chazelle (Concorso)


Il cinema è un sogno popolato da sognatori che si adoperano per far sognare il pubblico. Sembra averlo bene in testa il giovanissimo Chazelle, messosi in luce con  Whiplash e tornato alla ribalta aprendo le danze (in tutti i sensi) di questa nuova Mostra del Cinema di Venezia. Il suo La La Land è un musical vivace, leggero, colorato, emozionante e divertente che strizza l'occhio alla grande stagione cinematografica che il genere ha vissuto diverse decadi fa per cercare di reinterpretarlo in chiave più moderna e accomodante (proprio come il jazz tanto citato nella pellicola in questione).

Raccontando una semplice e lineare storia d'amore tra due sognatori un po' sfortunati nella Los Angeles contemporanea (lui un pianista, lei un'attrice, entrambi in cerca della gloria professionale), Chazelle architetta un viaggio immaginifico corredato da musiche brillanti e sequenze molto coreografiche (in primis l'apertura in autostrade e la lunga sequenza finale sulle rive di una Parigi ricostruita artigianalmente in studio) capaci di far sciogliere (del cinema?) anche i cuori più insensibili.

Se quindi in Whiplash l'autore provava a interrogarsi su quanto fosse necessario o meno spingersi oltre il proprio limite per raggiungere un sogno, ora sembra cambiare punto di vista cercando di dare forma e bellezza cinematografica a questo desiderio, descrivendolo come una favola, un'emozione da vivere e dalla quale farsi cullare: non importa a quale esito conduca nè quanta fatica si debba fare pur di inseguirlo.

#commovente